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FINANZIAMENTI PER ACQUISTARE AZIONI DI BANCA POPOLARE. LE PRIME SENTENZE (BIS)

TRIBUNALE DI VENEZIA SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
dott.ssa L. Guzzo (Pres.); dott.ssa L. Tosi (Rel.); dott.ssa L. Torresan
sent., 29 luglio 2019, n. 1760/2019

NEL CASO IN CUI 

  gli attori abbiano instaurato un giudizio contro una banca popolare locale di cui erano storici clienti, deducendo i) di essere stati contattati al telefono da due suoi funzionari che li avrebbero poi indotti a detenere, a cavallo fra il 2013 e il 2015, azioni della medesima banca per il valore di un milione di euro, da essa acquistate in nome loro e con somme messe loro a disposizione mediante la stipula di appositi contratti di finanziamento a breve termine e di affidamento per elasticita’ di cassa, sul presupposto che la banca restasse onerata di ogni costo e commissione e di contro essi, in cambio della detenzione delle azioni, avessero ricevuto un rimborso pari all’1% del patrimonio azionario cosi’ costituito; II) inoltre, di avere appreso nel 2015 dalla stampa nazionale, subito dopo il rinnovo del primo finanziamento e la stipula di affidamenti in c/c, che in seguito a ispezioni degli organi di vigilanza era emerso che gli ultimi bilanci della banca erano stati redatti in modo inveritiero con forti ripercussioni sul valore effettivo del patrimonio (anche azionario) della banca; III) tuttavia, di essere stati dapprima rassicurati dalla banca sul mantenimento delle finalita’ promesse e subito poi formalmente diffidati a rientrare dagli sconfinamenti di c/c e a restituire, stante la scadenza, le somme finanziate maggiorate di spese e interessi; IV) quindi, di essersi dovuti rivolgere al Tribunale delle Imprese per far dichiarare la simulazione, assoluta o comunque relativa, delle operazioni avviate in loro nome dalla banca (sottoscrizione c/c e deposito titoli ad hoc dedicati, acquisto azioni, sottoscrizione finanziamenti e affidamenti in c/c) e in via subordinata la nullità di esse (sia sotto il profilo civilistico per la violazione del divieto imposto dall’art. 2358, comma 2, cc, sia con riferimento alla violazione delle norme imperative dettate dal TUF), con l’effetto ulteriore di far (accertare e) dichiarare che nulla gli attori dovevano alla banca popolare; V) da ultimo, in seguito alla messa in liquidazione della banca popolare e alla consequenziale interruzione del giudizio, di aver ritenuto di notificare la propria riassunzione, oltre alla liquidatela, anche alle due società supposte cessionarie dei crediti 

IL GIUDICE 

  rilevato che, quanto alla liquidatela della banca popolare, l’azione poteva senz’altro proseguire in relazione alla domanda demolitoria (di inefficacia connessa o alla simulazione o alla nullita’) delle operazioni poste in essere, posto che tale domanda mai si sarebbe potuta vagliare in sede concorsuale implicando una statuizione di mero accertamento negativo (vale a dire, che i clienti nulla devono all’istituto di credito per i finanziamenti e gli affidamenti in ipotesi illecitamente erogati);

  che e’ applicabile l’art. 2358 cc stante il rinvio dell’art. 2519 cc, per cui il collocamento di azioni deve avvenire, a pena di nullita’, nel rispetto dei limiti e delle modalita’ previste dalla norma di legge, e in particolare previa delibera assembleare (in seduta straordinaria) da iscriversi nel Registro Imprese insieme alla relazione degli amministratori sulla fattibilita’ e convenienza dell’operazione nel suo insieme considerata (obiettivi imprenditoriali e rischi sulla solvibilita’ della societa’) oltre alle condizioni applicate (prezzo, interesse, merito creditizio del cliente);

  che nel caso di specie il collocamento di azioni proprie e la stipula di finanziamenti e affidamenti in c/c erano avvenuti con singole operazioni, ravvicinate nel tempo ma al di fuori di una unitaria programmazione e deliberazione assembleare;

  che, quindi, trattandosi della violazione di una norma imperativa (l’art. 2358 cc sancisce infatti un divieto a stipulare in casi ben identificati, per cui l’esistenza di un patto contrario al divieto si pone in netto contrasto con la norma ed e' nulla), va dichiarata la nullita’ non soltanto del collocamento di azioni ma anche dei finanziamenti cosi’ sottoscritti, essendo stato dimostrato che si trattava, di fatto, di due atti intenzionalmente collegati fra di essi (erano stati stipulati a distanza di qualche giorno e comunque era stata provata per testi la politica delle “baciate” strategicamente decisa dai vertici della banca);

  che, infine, ai sensi dell’art. 111, comma 4, cpc la pronuncia giurisdizionale vincola anche il successore a titolo particolare, per cui perde in astratto di rilevanza individuare chi esso sia, fatta salva una esplicita richiesta in tal senso formulata, nel caso concreto, da un istituto di credito nei cui confronti era stato riassunto il giudizio, rispetto al quale il d.l. n. 99/2017, non essendo ancora stato pubblicato all’epoca della riassunzione il decreto ministeriale attuativo, poteva lasciare adito a dubbi interpretativi circa la sorte delle passivita’ dei conti correnti (essendo invece senz’altro esclusa la cessione delle operazioni legate all’acquisto di azioni e alla stipula di finanziamenti) 

HA RITENUTO

  di rigettare la domanda di simulazione perche’ sfornita di prova e comunque priva (per la simulazione relativa) di controdichiarazione scritta, ma di dichiarare la nullita’ degli acquisti azionari e dei connessi contratti di finanziamento per violazione del divieto di cui all’art. 2358, comma 2, cc con la conseguenza che nulla e’ dovuto dagli attori in adempimento di quei contratti;

  di compensare le sole spese fra gli attori e l’istituto di credito preteso cessionario per gravi ragioni derivanti dall’assoluta incertezza, all’epoca della riassunzione del giudizio, circa i soggetti eventualmente subentranti nei rapporti di debito dei c/c.

 

                                                                                              (a cura di Elisa Cendron)

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Inserito il 09.08.2019